Ovvero come poche parole possono attirarne molte di più
"[...] quantum valeat ratio, communis hominum vita satis declarat, cum illa, quod unum licet, vel usque ad ravim reclamat, et honesti dictat formulas. [...] donec iam is quoque fessus ultro cedit, ac manus dat."
"[...] quanto valga la ragione ce lo dice a sufficienza la condotta abituale degli uomini: la ragione può solo protestare, e lo fa fino a perderci la voce, enunciando i princìpi morali. [....] ma poi prostrata, cede spontaneamente dichiarandosi vinta".
Queste le parole del celebre Elogio della Follia di Erasmo da Rotterdam, il cui tono scherzoso e la cui verve provocatoria trovo si attagli all'argomento di questo mio contributo, che nasce sull'onda proprio del contrasto narrato dal fiammingo tra ragione ed emozione.
Il mondo della rievocazione storica (o almeno quella parte che gli algoritmi mi mostrano) è in subbuglio da ieri sera (28/4/2021), da quando cioè è andata in onda la puntata del programma su Rai1 "Ulisse" condotto da Alberto Angela e dedicato alle vicende matrimoniali di Enrico VIII.
La narrazione magistralmente condotta da Alberto Angela è stata, come ormai divenuto abituale nelle sue trasmissioni, alternata a momenti di interazione con esperti ed artisti il cui campo di competenze era vicino al tema trattato. E così, assieme all'emozionante omaggio per lo scomparso Gigi Proietti, svoltosi anche attraverso la recitazione nel "suo" Globe Theatre della compagnia e della figlia minore Carlotta (che impersona Caterina d'Aragona; peraltro davvero notevoli i costumi di scena per l'Enrico VIII), si sono susseguiti anche interventi nella Biblioteca Vaticana e pillole di storia offerte dal Professor Alessandro Barbero, medievista e divulgatore arcinoto e che negli ultimi anni, complici anche la partecipazione a molti festival e le pillole storiche di Quark con il mitico Piero Angela, ha raggiunto una visibilità mediatica amplissima.
E a ragione, perché attraverso una narrazione semplice e coinvolgente, Barbero si è destreggiato tra gli argomenti più vari, spaziando dall'antichità all'evo moderno, in numerosi interventi che sono sempre molto seguiti online e in presenza.
Ma sono proprio state le parole del Prof. Barbero ad aver scatenato le reazioni cui accennavo sopra.
Si parlava di un piccolo incidente in torneo occorso a Enrico VIII, una caduta da cavallo dopo un colpo a cui era seguita una breve perdita di coscienza.
Impossibile non citare a quel punto l'incidente, ben più grave, avvenuto nel torneo per la pace di Cateau-Cambresis che causò la morte del re di Francia Enrico II nel 1559. (nell'immagine qui a fianco una incisione che ricorda l'evento).
A questo punto, dopo la giustissima distinzione tra le modalità di torneo medievali e quelle successive, arriva la frase incriminata: "le armature da torneo nel Cinquecento sono enormemente rinforzate, pesantissime, tanto che a volte il cavaliere bisogna issarlo in sella con un argano".
Ammetto che io stesso, che stavo ascoltando il documentario in sottofondo su raiplay mentre riordinavo file sul computer, mi sono fermato, ho cercato di capire se avessi compreso correttamente il discorso e, beneficiando delle moderne tecnologie offerte dallo streaming, ho mandato indietro il video e ascoltato attentamente, verificando che quanto mi era giunto alle orecchie, fosse effettivamente ciò che era stato detto.
A quel punto sono velocemente passato per le celebri 5 fasi psicologiche, che vi riassumo semplificando la ridda di pensieri di quei momenti:
1. Negazione: "NO, dai, non voleva dire quello che ha detto, l'hanno montato male!" (qui eravamo a 1-2 minuti dalla frase incriminata).
2. Rabbia: "Ma insomma! Su Ulisse, un documentario visto da milioni di italiani!!!" (entro i 5 minuti, e intanto apparivano i primi messaggi da amici rievocatori su chat private).
3. Contrattazione: "Vabbè, dai, se lo ha detto probabilmente aveva in mente un episodio a lui noto ma che non ha potuto descrivere per brevità" (entro il quarto d'ora, ed intanto erano già comparsi un paio di post su facebook sull'argomento)
4. Depressione: "Però, uffa!!! Nemmeno "Ulisse" si salva! Non è che si pretenda tanto, ma questo stereotipo è stato combattuto dagli stessi accademici in più di una occasione!" (eravamo intorno alla mezz'ora e già si stavano rimpallando commenti e immagini - come quella qui a fianco, a Verona, opera di Pisanello - di cavalieri che salivano a cavallo con armature complete usando semplicemente le staffe - immagini peraltro presenti anche in manoscritti e pitture piuttosto conosciuti, e quindi noti nel mondo dei rievocatori che, per chi non lo sapesse, è un covo di "pignoloni" che in confronto i fan di Star Wars e Star Trek - cui appartengo - sono dei dilettanti).
5. Accettazione: "Oh, senti, ha fatto uno scivolone, non è che si possa parlare di tutto senza far mai errori. Siamo tutti fallibili e la divulgazione ci costringe a spingersi anche su terreni che non sono il nucleo delle nostre competenze." (e questo è stato il risultato di una sana dormita e dell'elaborazione lucida della mattinata).
Nel frattempo si erano accumulate le reazioni online, che dimostravano in realtà la varietà dell'uditorio raggiunto dalla trasmissione Ulisse.
C'erano innanzitutto gli stupiti, ma non dell'errore (o supposto tale), bensì dello stupore altrui, perché per loro il fatto che i cavalieri venissero issati sui cavalli con dignitosissime carrucole come mucche date in pasto ai velociraptor, era semplicemente quello che avevano sempre creduto. Ovvio, perché le armature sono pesantissime e i cavalieri (appunto detti "pesanti"!), elemento d'elite di ogni esercito dal XII al XVI secolo, quando cadevano a terra potevano solo mimare uno scarabeo ribaltato rimanendo in balia dei fanti brutti e sporchi che potevano infilarsi coi loro pugnali nelle fessure delle armature.
C'erano gli ipercritici, che si affrettavano ad osservare che Barbero si è spinto troppo in là nella sua opera divulgativa e parlando di tutto e di più doveva per forza sbagliarsi ("anzi già è capitato!" sottolineavano).
C'erano ovviamente gli scandalizzati e gli sgomenti, che non si capacitavano che un'autorità del livello di Barbero, che è in tutte le trasmissioni e i festival storici (incidentalmente qualcuno ricordava anche che è professore all'Università del Piemonte Orientale) potesse aver sbagliato.
Alla luce dell'evoluzione emotiva che ho descritto sopra, posso dir di esser transitato in qualcuna delle categorie precedenti, ma sono giunto infine tra i relativisti, atteggiamento che peraltro mi è proprio anche come stile di vita!
Ed è con le considerazioni proprie di questo stile di pensiero che vorrei concludere questo mio già fin troppo lungo intervento (ringraziando chi è giunto fino a questo punto nella lettura).
Nonostante la televisione in primis, probabilmente non senza una certa soddisfazione dell'interessato, abbia cercato di costruire la figura di un Pico de Barberis (che poi sia il professore piemontese, o un altro personaggio è ininfluente) tale da poter esser usata in qualsiasi contesto, è bene non dimenticare che nessuno è tuttologo come, appunto, il personaggio disneyano.
Allo stesso modo, per quanto questa nel campo specifico dell'oplologia possa essere considerata una affermazione avventata (e una grossa svista parlando di armature da battaglia, fermo restando che io sarei felicissimo di essere smentito, perché è proprio del confronto e della discussione che vive il dialogo accademico e culturale in genere), la qualità della divulgazione e ancor di più della preparazione accademica del prof. Barbero non possono essere messe in discussione in toto da un eventuale errore del genere, che va messo nella giusta prospettiva.
Certo, stupisce che questo sia uno di quegli stereotipi sul medioevo contro il quale in passato lo stesso Barbero aveva speso parole critiche, (https://web.archive.org/web/20201127151528/https://www.lastampa.it/tuttolibri/recensioni/1999/04/01/news/cavalieri-e-cavalleria-nel-medioevo-1.37726514)
ma è pur vero che la sua frase durante Ulisse era diretta al '500 e alle armature da giostra, e questa non è una precisazione da nulla. Le armature da giostra, infatti, a differenza di quelle da battaglia, erano iperspecializzate per offrire al cavaliere una protezione ancora maggiore dai colpi ma a discapito della mobilità. Proprio per questo erano anche molto asimmetriche, perché, dovendo ricevere i colpi di lancia soprattutto sul lato sinistro del corpo, avevano uno spessore maggiore e pezze d'armi aggiuntive su quel lato, che di fatto obbligavano a tenere il braccio sinistro bloccato. Possibile quindi che "nel '500" e con "armature da giostra" ci fossero cavalieri impossibilitati a salire a cavallo senza essere sollevati e posti in sella...
Però...
(eh sì, dopo tutto questo discorso, un "però" era nell'aria!)
Però io capisco molto bene che in molti casi non ci sia rabbia per l'informazione sbagliata in sé, ma piuttosto preoccupazione di chi, trovandosi spesso a fare divulgazione storica direttamente con il pubblico, sa bene quanto ampio possa essere l'effetto di una informazione del genere data da un personaggio del genere in una trasmissione del genere.
Mi è capitato spesso di criticare, magari a volte anche con eccessiva acribia, fiction e film storici, e anche le immagini mostrate nei documentari: io lo faccio soprattutto dal mio punto di vista, quello della storia del costume, e lo faccio non per denigrare le persone coinvolte, ma perché sono dell'idea che se si mostra una realtà errata o distorta al pubblico non esperto, tali informazioni sedimenteranno facilmente e saranno difficili da rimuovere, e quindi non si sta facendo un buon servizio al "vero storico".
Se questa cosa accade non in un film di Hollywood, ma in un documentario condotto da autorevoli divulgatori e con la consulenza di professori universitari, sarà (giustamente!) considerata dai più una fonte autorevolissima, che rimarrà scolpita nella memoria. E se in mezzo alle molte cose giuste se ne trovasse una errata (errare humanum est, no?) sarebbe difficilissimo farla conoscere come tale al grande pubblico, presso il quale tale informazione, peraltro, potrebbe essere semplificata, generalizzata ed estesa a contesti diversi.
E così l'argano usato "nel '500" "in Inghilterra" "con armature da giostra" potrebbe facilmente diventare "l'argano con cui venivano issati sui cavalli i cavalieri medievali alla battaglia di Campaldino" propagando ancora una volta lo stereotipo dei cavalieri come scarabei ribaltati che molti studi e fonti hanno già messo in discussione a livello accademico.
Ho già sentito persone criticare i critici con frasi del tipo: "figurati se loro ne sanno più di Angela e Barbero".
Questa frase si può considerare essenzialmente vera: difficile che ci sia qualcuno che sa, nel complesso, più cose di un Paleontologo specializzato negli USA e di un ordinario di storia medievale, eppure, ad esempio, di chirurgia anche l'ultimo dei neolaureati ne sa di più di loro due, spero sia chiaro il punto.
Ma ciò non preclude la possibilità che uno storico (Barbero) su peso e mobilità di una armatura sia meno esperto non dico di me, che sono l'ultimo degli ultimi, ma, ad esempio, del curatore della Wallace Collection - una delle collezioni di armature più famosa al mondo -, Tobias Capwell che contro questo stereotipo si batte da tempo, indossando repliche perfette delle armature del tempo! (come mostrato in questa conferenza svoltasi al Metropolitan Museum di New York https://www.youtube.com/watch?v=NqC_squo6X4)
Quindi è una questione di contesto e soprattutto di metodo.
Per cui, è vero (come alcuni miei conoscenti hanno detto) che non ci si può fidare di tutto quel che si sente e che si dovrebbe verificare con le fonti alla mano, ma non si può pretendere che tutte le volte che intervistano un ingegnere sulla stabilità di un ponte, io mi studi 3 tomi di scienze delle costruzioni per capire se dica il vero o meno, e non si può chiedere allo spettatore di Ulisse di prendere una laurea in storia per verificare se Barbero ha detto tutto giusto. E' per questo che ci si aspetta, a volte pretendendo anche un po' troppo, ma a piena ragione secondo me, l'affidabilità pressoché assoluta, che è difficile però da perseguire sempre e comunque.
Questo non sminuisce nel complesso le innegabili qualità e competenze di Barbero, né le molte qualità della trasmissione, che fa un lavoro egregio nel diffondere cultura e bellezza, ma certamente dimostra che lo spirito critico è uno dei grandi strumenti di cui il nostro intelletto dovrebbe fare sempre uso.
Dimostra, inoltre, che anche gli accademici di qualità possono sbagliare e che spingersi troppo lontano dalle proprie competenze portare a commettere errori.
Ma sono proprio gli accademici quelli più titolati a "porsi le domande e darsi le risposte".
E sono sicuro che gli accademici veri sono anche quelli più lieti che da una propria affermazione scaturisca non una sterile polemica, ma una fattiva ricerca.
In conclusione...la massima "Da grandi poteri derivano grandi responsabilità" in questo caso secondo me calza perfettamente.
E questo vale a maggior ragione perché ormai Barbero è diventato anche personaggio di alcuni divertenti fumetti e meme, a cui, in cima a questo articolo, mi sono permesso di aggiungere il mio personale contributo.
P.S. Professor Barbero, se avesse qualche evidenza di argani per i cavalieri dei tornei del XVI secolo, sono sicuro di parlare a nome di molti chiedendole di renderci edotti al riguardo. La ascolteremo come sempre con grande piacere.
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